L’idea sarebbe quella di portarmi in borsetta la mia salsa e quando tutti ordineranno tzatziki all’oste… zacchete che la salsa ce l’ho anche io!
E così suscitare il suo sdegno, quello di sua moglie che si affaccerà, fazzoletto- in-testa, allibita dalle tende della cucina, del nipote cameriere che avanzerà tra le tavole alternando cortesia a noncuranza. Un Elvis ellenico, capello ingellato un filo in più del giusto, occhiate rapide e di biasimo.
“We’re caught in a trap i can’t walk out” (Elvis Presley, Suspicious mind)
Come la vogliamo chiamare questo nucleo esplosivo di grecità (e miei sciocchi luoghi comuni) che mi sta odiando tanto?
Kourdakis, chiamiamolo Kourdakis.
E quindi, Signor Oste Kourdakis, non si preoccupi, il mio tzatziki non ha nulla a che vedere con la meraviglia che sta per servire ai miei compagni. Non si tratta solo di ingredienti diversi ma di un necessario miscuglio di storie, profumi, sapori, colori che non porto con me per nascita ma che ho selezionato da molti anni per affinità elettiva: nel profumo del mio paradello ne ho trovato una prova.
Signor Kourdakis, tengo a dimostrarle che il mio affetto è sincero. Continua a leggere