La farinata ligure, lini e vecchie lavande

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Ma quella faccia un po’ così che avevo mentre preparavo questa sorta di focaccetta fai da me era solo un anticipare quell’espressione un po’ così che avrei avuto appena il forno avrebbe iniziato a sprigionare odori di quel posto che ci inghiotte. Io non sarei tornata più.

Questa volta vi scrivo di una farinata, un piatto che in un modo o in un altro, per fattori genetici, ereditari e di adozione, non ho mai voluto lasciare.

Sarebbe bello raccontarvi che era una ricetta di pirati ma la vera storia (la vera storia vera) non è esattamente questa… allora la metterò in questi termini: se possiamo mangiarci questa bontà è grazie a un gruppo di svogliati rematori che verso la fine del 1200, trovandosi nel bel mezzo di una tempesta, perse il controllo dell’imbarcazione che caricò acqua che annacquò la farina di ceci (sembra Alla fiera dell’Est ma io non sono Angelo Branduardi e sarebbe ora di smettere di scrivere in “branduardichese”).

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Rispolverare tradizioni: il paradello della nonna e la sua nuova vita

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Leggere Scrittura cuneiforme è stato come scomporre una matrioska. La storia di Ismail si intreccia alla storia di Kader Abdolah e alla nostra.
Noi attecchiti, abbarbicati. Ugualmente e naturalmente smossi, contagiati.

Mi sono divertita molto a preparare questo dolce che ha tanti anni da meritarsi un certo livello di rispetto. Pensavo, chissà quante ne avrà passate. Quante fruste, quante mani, marmellate, padelle, farine, fuochi.

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